Vecchia Singapore |
È vero, succederebbe la stessa cosa un po' ovunque guardando delle immagini di sessant'anni prima, ma a Singapore il concetto di restyling è stato spinto a livelli forse mai raggiunti altrove. Demolizioni, ristrutturazioni, restauri, pianificazioni, sperimentazioni, regolamentazioni, standardizzazione, il tutto con un solo obiettivo in mente: la realizzazione di una visione. Quella di una città iper-moderna, tecnologica, funzionale, organizzata, controllata, pulita, sicura, ordinata. E dal momento che nessuna di queste qualità ha a che fare col passato (o meglio, sono tutte figlie sue, ma non ne hanno più bisogno...progenie irriconoscente), l'eredità di quel passato è stata ignorata. Quindi ciò che non costituiva un ostacolo è stato plasmato e rimodellato per centrare i nuovi requisiti, mentre ciò che risultava di impaccio è stato eliminato con zelo. E così facendo la città-stato ha inevitabilmente perduto carattere, si è disfatta di un pezzo d'anima, pensando forse di poter vivere di solo corpo. Il velo asettico e la sofisticazione non li osservi soltanto negli edifici, nei ristoranti, per le strade: li inali con l'aria che respiri, ti sfiorano la faccia come una brezza ogni volta che giri un angolo o varchi una soglia. Singapore poteva essere una versione ricca e avanzata di Rangoon, Malacca, Goa, Luang Prabang, Phuket town, Penang, Hoian. Ha deciso invece di essere la copia di qualche città immaginata da uno scrittore di fantascienza. Copia imperfetta, perché reale. E lo ha fatto senza tanti scrupoli.
Forse però qualche rimorso le zelanti autorità ce l'hanno, se amano recuperare queste foto ed esporne delle gigantografie in pubblico o se organizzano delle nostalgiche mostre di vecchie cartoline.
E allora a quei visitatori stranieri che arrivano a Singapore e sono ammaliati dall'organizzazione, dalla pulizia, dall'ordine e soprattutto dall'offerta di prodotti all'avanguardia, consiglio di cercare queste immagini, di osservarle bene, poi di voltarsi e guardarsi attorno, e chiedersi se valeva la pena passare un canovaccio sulla storia per offrire ai turisti questo plastico in dimensioni reali e tante vetrine piene di gingilli elettronici che nelle loro città arriveranno soltanto un paio di mesi più tardi.
Per quanto mi riguarda questo è uno di quei momenti in cui vorrei che uno dei miei sogni preferiti si avverasse: impossessarmi di una macchina del tempo e viaggiare all'indietro...di anni...indietro...indietro...di decenni, fino all'epoca in cui il fotografo realizzò quegli scatti. Anche un mondo in bianco e nero, vagamente lattiginoso, mi andrebbe bene.
Per quanto mi riguarda questo è uno di quei momenti in cui vorrei che uno dei miei sogni preferiti si avverasse: impossessarmi di una macchina del tempo e viaggiare all'indietro...di anni...indietro...indietro...di decenni, fino all'epoca in cui il fotografo realizzò quegli scatti. Anche un mondo in bianco e nero, vagamente lattiginoso, mi andrebbe bene.
2 commenti:
Che peccato. Sentire che una città si adopera per sacrificare una parte di sè in nome dell'avanguardia mi rattrista molto. Non lo sapevo.
Spero che sia rimasto qualcosa in quella città...
A me piace davvero osservare le fotografia di persone dei secoli scorsi, guardare i loro occhi e le loro espressioni, o i loro gesti. Molto più delle città. Anche se indubbiamente, osservare la fotografia di ciò che un tempo c'era dove ora calpesti i piedi fa un effeto molto forte, che fa vibrare il cuore.
Goccia di neve: ti capisco eccome. Credimi, non scriverei mai una cosa del genere se guardare quelle foto non mi toccasse il cuore...
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