Ha un pallino nero tatuato sopra il naso, tra le sopracciglia. Altri disegni più complessi sporgono da sotto la scollatura e dalle maniche avvolte della camicia di raso color granata. Il viso è quello di un cinese ma le effigi di un Buddha e di due monarchi siamesi appesi ad una lunga catena che porta al collo ne tradiscono la provenienza thailandese. Infilato al dito medio della sinistra porta un anello su cui grava una complessa e pacchiana figura metallica mentre una pietra che assomiglia ad un occhio castano fa da contrappeso sull'altra mano. Una specie di bracciale d'argento a maglie grosse e pesantemente decorate gli avvolge una caviglia, sopra al calzino di cotone che si infila in una moderna scarpa da ginnastica.
Sta aggiornando un quadernetto su cui tiene della contabilità. All'improvviso si volta verso di me e mi porge, con un inglese eccellente, una domanda strana: «Mi scusi, il monte Everest si trova in Nepal o in Tibet?».
«Senza dubbio in Nepal» gli rispondo io (in realtà l'enorme massiccio si estende attorno al confine tra Nepal e Tibet, ma la maggior parte dei turisti vi accede dal versante nepalese). Rimette il quadernetto al suo posto in un'ordinatissima ventiquattrore, ne tira fuori un altro e ci appunta qualcosa.
«Di dov'è?» gli chiedo.
«Thailandia».
«Lo sospettavo, ho notato la medaglietta di re Rama V. E pure degli ideogrammi cinesi sul suo quaderno».
«In effetti sono thai-cinese». L'uomo comincia a parlarmi del Siam, di re Chulalongkorn che abolì la schiavitù nel suo regno, della saggezza del padre, il protagonista del film "Anna and the king". Del fatto che, per preservare le tradizioni siamesi, ai cinesi veniva proibito l'uso della propria lingua ed imposta la scelta di un nome locale.
«Senza dubbio in Nepal» gli rispondo io (in realtà l'enorme massiccio si estende attorno al confine tra Nepal e Tibet, ma la maggior parte dei turisti vi accede dal versante nepalese). Rimette il quadernetto al suo posto in un'ordinatissima ventiquattrore, ne tira fuori un altro e ci appunta qualcosa.
«Di dov'è?» gli chiedo.
«Thailandia».
«Lo sospettavo, ho notato la medaglietta di re Rama V. E pure degli ideogrammi cinesi sul suo quaderno».
«In effetti sono thai-cinese». L'uomo comincia a parlarmi del Siam, di re Chulalongkorn che abolì la schiavitù nel suo regno, della saggezza del padre, il protagonista del film "Anna and the king". Del fatto che, per preservare le tradizioni siamesi, ai cinesi veniva proibito l'uso della propria lingua ed imposta la scelta di un nome locale.
Poi comincia a parlare di zodiaco cinese. Mi spiega che io sono del segno del cane del tempio. Prima o poi quindi riceverò una chiamata spirituale e mi rivolgerò al buddismo per la ricerca della verità e dell'illuminazione.
Comincia quindi con una digressione sul buddismo, sulla rettitudine, sui mali da evitare e mentre sto scrivendo un appunto che mi ha appena dettato estrae di soppiatto dalla valigetta una cartolina raffigurante un bonzo seduto nella posizione del loto. Dopo averlo incensato per un paio di minuti mi spiega che posso avere una copia dalla cartolina e la benedizione eterna per "soli" 20 ringitt, circa 5 euro. Dopo aver incontrato il mio cortese rifiuto mi fissa per qualche secondo in silenzio da dietro un paio di occhiali scuri. Mi ricorda un venditore di enciclopedie porta a porta. Rilancia a 10 ringitt. Rifiuto proponendo una mia visita con relativa offerta al tempio del monaco presso Ubon Rachathani, nel nord-est della thailandia. Rispondendo ad una mia domanda di qualche minuto prima (inizialmente ignorata) mi indica il suo nome su un bigliettino da visita. Quindi si alza e si incammina dicendo: «Ti manca la saggezza». «Come?» gli rispondo più per sorpresa che per curiosità.
«Ti manca la saggezza...» guarda il cielo come se vi cercasse le parole «...al 50%!».
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