Adolescenti malay che ruttano l’ennesima birra alla salute di Allah, le prime squillo che scendono dai taxi e salgono ticchettando gli scalini dell’Orchard Tower. Turisti col collo madido che scattano foto a chissà cosa, e giovani alla moda che sorseggiano frappè.
All’improvviso con la coda dell’occhio individuo qualcosa. Anzi qualcuno. Sta lì, sul bordo del marciapiede. Non si muove ma è come se lo facesse. Sta in una posa dinamica. E’ come se un fremito le percorresse il corpo. Un movimento invisibile, che soltanto l’intuito riesce a percepire. Ha appena mosso un passo? O lo sta per muovere? Sarà per quei capelli ondulati, così rari nelle ragazze asiatiche.
Dove l’ho già vista? Anche lei sta pensando la stessa cosa.
Mi ha puntato gli occhi addosso, e con una smorfia mi chiede: dove ti ho già visto?
Mi ha puntato gli occhi addosso, e con una smorfia mi chiede: dove ti ho già visto?
Ma dura solo un attimo. Non mi sono nemmeno fermato, con malcelata indifferenza punto lo sguardo di fronte a me, e proseguo con aria decisa verso il mio nulla da fare.
Sarebbe bastato dirglielo, invece di ricacciarmi le parole in gola. “Dove ti ho già vista?”.
Cosa mi ha fermato? Un pensiero lampo, di una parola soltanto: guaio!
Non ho ancora capito chi sia, se e dove l’ho già vista, ma quel pensiero è quasi una certezza: tieniti alla larga da quella ragazza.
La curiosità mi sta divorando, devo sedermi su quella panchina e pensare. Chi è? Chi sei? Perché quella parola?
Scorro la lista degli ultimi posti in cui sono stato. Kuala Lumpur? No, il viso mi dice Thailandia. Phuket? In mezzo al trambusto dello tsunami quel volto non compare. Hua Hin? No. Bangkok? No. Torno ad inizio lista, Kuala Lumpur?
Scorro la lista degli ultimi posti in cui sono stato. Kuala Lumpur? No, il viso mi dice Thailandia. Phuket? In mezzo al trambusto dello tsunami quel volto non compare. Hua Hin? No. Bangkok? No. Torno ad inizio lista, Kuala Lumpur?
Ma sì! E avevo ragione: è thailandese. Alloggiavamo nello stesso residence. Lei con la figlioletta e il marito. Il marito. Un altro pensiero. Ancora una parola soltanto. Cornuto! E ancora: guaio. Ora mi è tutto chiaro. La vedevo quasi tutte le sere al caffè del residence. Una di quelle catene americane, con prodotti italiani e prezzi giapponesi. Io abbassavo gli occhi sul mio libro o sugli appunti, ma non resistevo a lungo.
Quando alzavo la testa sapevo che mi bastava aspettare un attimo, e lei si sarebbe voltata verso di me.
Quando alzavo la testa sapevo che mi bastava aspettare un attimo, e lei si sarebbe voltata verso di me.
Ha la capacità di guardarti come se al mondo ci fossi solo tu. Come se lei fosse la ragazzina di prima media e tu il ragazzo di terza di cui si è presa una cotta. Ma soprattutto, lo fa come se fosse la cosa più pulita del mondo. Come se quell’uomo che le sta seduto accanto fosse solo un conoscente, come se non fosse il padre della bimba, suo marito.
Anche allora, sarebbe bastato aggiungere qualcos’altro a quei Hi! scambiati al volo quando la incrociavo nella hall. Il suo sorriso non chiedeva, piuttosto autorizzava. Anche allora mi fermava quel pensiero. Guaio! Quando l’ho vista poco fa, c’è arrivato prima l’intuito della logica.
Interessante scoprire i meccanismi della mente, quelli che funzionano quando non ce ne accorgiamo. L’intuito, le decisioni prese praticamente senza pensarci. Ne parlava Gabriele Romagnoli su Repubblica, citando un saggio di uno studioso americano. ‘Blink’.
Qualche giorno fa sfogliavo il libro tra gli scaffali di Borders. Books, music, movies and coffees. Per fare il verso all’Esselunga: Supermecato o libreria?
Lessi l’introduzione e lo catalogai tra i libri di cui ho pensato: “Bello l’inizio! Interessante...non lo compro...”.
Tutto in sincerità, senza ironia: bello, interessante, non lo compro. Non ho dovuto nemmeno rifletterci, ho utilizzato il concetto chiave del saggio, per decidere di non comprarlo. Ho la sensazione che Romagnoli, in quella pagina scarsa, abbia catturato l’essenza del libro.
Tutto in sincerità, senza ironia: bello, interessante, non lo compro. Non ho dovuto nemmeno rifletterci, ho utilizzato il concetto chiave del saggio, per decidere di non comprarlo. Ho la sensazione che Romagnoli, in quella pagina scarsa, abbia catturato l’essenza del libro.
Sono uscito da Borders con una copia di ‘Sudden Fiction: American Short-Short stories’. Una raccolta di racconti brevissimi, un genere che esiste da molto tempo - c’è ‘A very short story’ di Hemingway, pubblicato nel ’25 - a cui non hanno ancora dato un nome. Sudden, short-short. Qualcosa a che fare con Blink in fondo ce l’ha.
Mi rialzo dalla panchina, do un’occhiata indietro. Non la scorgo, ovviamente.
Resta una domanda. Come al solito, resta sempre una domanda. Guaio! Cosa sarebbe successo senza quel Blink?
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