Pechino non è soltanto l’austera capitale da dove il governo pianifica e controlla il portentoso sviluppo del paese. Oltre ai simboli architettonici del potere politico e del suo passato glorioso, Pechino, come ogni altra grande città sviluppata, possiede anche un suo lato frivolo.
Lo si può scoprire durante il giorno, lungo l’area pedonale di Wangfujing Dajie o nei quartieri di Sanlitun e, poco più a sud, di Jianguomenwai.
Sono queste le aree in cui i pechinesi hanno imparato a viziarsi con gli sfizi, i gingilli e le marche di medio e alto livello arrivati dall’occidente e dal Giappone assieme al vento fresco del capitalismo.
Un edificio dal design molto moderno ospita un salone della Mercedes e gli showrooms di carissime firme di design e prodotti per l’arredamento. A pochi metri di distanza è possibile rilassarsi sui divanetti di Starbucks, davanti ad un Frappuccino Tall e ad un portatile in collegamento internet wi-fi. Un salto alla farmacia-supermercato della catena Watson’s, un gelato italiano, un po’ di window-shopping ai carissimi atelier di Gucci, Luis Vuitton e Armani, ed è finalmente arrivata l’ora di rifocillarsi presso Pizza Hut, KFC e McDonald’s o, per chi se lo può permettere, nei numerosi ristoranti europei di lusso.
Ma il modo migliore per spiare una città che si distrae è come sempre quello di perdersi tra i colori e suoni della sua vita notturna.
Cominciamo dai ristoranti e i bar sistemati lungo le sponde dei laghi Houhai e Qianhai, ad ovest della Torre del Tamburo. In questa zona i locali sono talmente numerosi da non riempirsi nemmeno durante il fine settimana. Dopo aver scartato le promoters dei bar più popolari attrezzate con strumenti di marketing non proprio innovativi – minigonne cortissime e top scollati –, e che in occasione della notte di Halloween (sì anche in Cina) indossano delle mascherine da carnevale veneziano, potete scegliere un ristorante in cui vi serviranno delle care e minuscole porzioni di specialità cinesi, vietnamite o thailandesi.
All’uscita del ristorante la scia di un olezzo insopportabile vi conduce ad un banchetto in cui potete "osare" con uno spuntino di "chou doufu", una varietà molto odorosa di tofu per cui i cinesi vanno pazzi. A pochi metri un bar con l’arredamento di un saloon offre una dozzina di bicchierini di assenzio per l’equivalente di dieci euro. Dopo averne mandati giù quattro a testa è chiaro a tutti che si tratta semplicemente di un blando liquore all’anice, qualcosa che nessuno avrebbe mai pensato di mettere fuori legge per tanto tempo in Europa.
In via Sanlitun, a poca distanza dalle ambasciate e dai negozi griffati, una fila di bar piuttosto trendy si rivolge alla comunità degli expats, gli stranieri che lavorano nelle ambasciate, nelle multinazionali o nelle scuole come insegnanti di inglese. Per chi è interessato alle abitudini notturne dei cinesi questi sono soltanto posti da una birra e via.
Più intrigante è invece il complesso dello “Stadio dei Lavoratori”, ad un paio di isolati da Sanlitun. Un nome decisamente azzeccato per una struttura i cui quattro cancelli principali non chiudono mai, che si guadagna l’esistenza non soltanto in occasione degli eventi sportivi del fine settimana ma anche ospitando un hotel, un ostello della gioventù, bar, ristoranti e due tra le discoteche più famose della città, il Vics e il Mix, sistemate l’una di fronte all’altra nei pressi del cancello all’entrata nord.
Davanti al Vics un robusto buttafuori armato di auricolare e in completo nero mette ordine tra i gruppi di giovani che arrivano in auto di lusso o in taxi. Il biglietto di ingresso costa cinque euro senza la consumazione e per una bottiglietta di birra locale bisogna pagare tre euro. Tenendo presente che in Cina una bottiglia di birra grande costa normalmente venti centesimi, questi prezzi la dicono lunga sul tipo di clientela di questa discoteca.
Il locale in sé è decisamente modesto ma è evidente che i ragazzi che lo frequentano sono i figli della Pechino bene, quella fetta della popolazione che si gode i privilegi della crescita astronomica del prodotto interno lordo. Qualche dettaglio – uno stivaletto o qualche pettinatura sparata – ricorda però vagamente la Budapest o la Berlino Est degli anni a cavallo tra gli ’80 e i ’90.
Un ambiente molto più sofisticato ed elegante è quello del Maggie’s Bar, recentemente trasferitosi dallo stadio dei lavoratori all’entrata sud del parco Rintan, un’area che pullula di ristoranti e clubs russi. Il lungo bancone, gli specchi e i giochi di luce creano un’atmosfera molto affascinante. L’unico dettaglio che può far storcere il naso è il fatto che molte delle ragazze all’interno del locale sono evidentemente delle squillo. Ti si avvicinano con una scusa banale, parlano un buon inglese e sono vestite molto bene.
Alcune di esse sono cinesi ma nella maggior parte dei casi vengono dalla Mongolia o dal Khazakistan. Dopo un paio di minuti di conversazione vengono al sodo e ti chiedono se puoi offrire loro da bere. La loro occupazione principale infatti, almeno per quanto riguarda il loro rapporto con il bar, consiste nel far consumare ai clienti il maggior numero di drinks possibile.
B., un greco che ha un’esperienza internazionale di locali di questo tipo, dall’Europa alla Thailandia, descrive il Maggie’s come il miglior locale in cui abbia mai messo piede. Se lo dice lui...
Pechino sarà anche la capitale del paese con l’economia più in forma del mondo ma per quanto riguarda la vita notturna non ha ancora raggiunto i livelli di Singapore, Kuala Lumpur e Bangkok, le altre capitali asiatiche con forte influenza cinese. I pechinesi sembrano infatti più inclini a trascorrere le loro serate in casa, con amici e familiari, sorseggiando te o sfidandosi ad interminabili partite di "Mah Jong".
Durerà fino a che le lore usanze non verranno stravolte dalle leggi del business e di quel settore della globalizzazione che si occupa di divertimenti e tempo libero.
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