Vang Vieng, come molte altre località del Laos, si è sviluppata molto dall’ultima volta che ci sono stato, nel 2001. Il numero delle guest house, dei ristoranti, delle agenzie di viaggio e dei punti internet è aumentato notevolmente.
Il tubing, ovvero la discesa lungo il fiume a cavalcioni di grandi camere d’aria, una delle attrazioni del posto, è diventato un grande business. La riva destra è tappezzata da una schiera di bar i cui gestori con i loro "arpioni" cercano di accaparrarsi il maggior numero di turisti che si vogliono bere qualche birra o tuffare dalla cima di un albero aggrappati ad una fune con maniglia. Alcuni bar mettono a disposizione dei loro clienti persino campi da pallavolo, da basket o piste per il gioco delle bocce, tutto a pochi metri da una giungla impenetrabile.
Vang Vieng è cambiata, ma la campagna che la circonda è rimasta la stessa. Le belle colline oltre la distesa smeraldo delle risaie, il groviglio in ebollizione delle piante tropicali e delle palme da cocco, i torrenti con l’acqua turchese e le grotte che custodiscono le statue buddiste: tutto è rimasto uguale. I bambini giocano ancora seminudi o si fanno il bagno nel fiume, e i polli continuano indisturbati a razzolare in mezzo alla strada.
Mentre aspettiamo l’orario di apertura di una delle grotte, facciamo la conoscenza di un gruppo di ragazzi del posto.
Sono impegnati in una partita di carte. Uno dei maschi parla l’inglese, e una ragazza sorride timidamente. Ogni volta che le rivolgiamo la parola arrossisce e abbassa lo sguardo fissando le carte da gioco. I ragazzi giocano e ogni tanto alzano la testa per farci qualche domanda. Li salutiamo quando arriva il bigliettaio.
La sera, mentre stiamo bevendo un paio di birre all’unico bar del paese, la cameriera passa per i tavoli informando la clientela che il locale chiuderà fra cinque minuti. Sono le undici e mezza. Viziati dalle opportunità della vita notturna thailandese ci prende un momento di sconforto. Poi un ragazzotto anglofono, con la faccia rossa e paffuta, ci dice che conosce un locale aperto fino a tardi, possiamo seguirlo e ce lo indicherà.
Il locale non è altro che un bungalow resort, il cui bar continua a servire alcolici anche dopo la chiusura del cancello.
Mentre il gruppo di turisti anglosassoni si raduna presso un gazebo, noi ci sediamo agli sgabelli del bar, e ordiniamo due bottiglie di Beerlao.
Al banco ci sono il proprietario – un inglese scheletrico che fuma a catena – e due ragazze laotiane. Dopo un paio di minuti mi accorgo che il volto di una delle ragazze mi è familiare. La fisso per un po’ cercando di farmi venire in mente dove l’ho già vista, e ho come l’impressione che lei faccia lo stesso. Quasi contemporaneamente ci riconosciamo. E’ la ragazza che giocava a carte all’ingresso della grotta. Parliamo un po’ in thailandese. Poi due australiani si staccano dal gruppo del gazebo e si vengono a sedere accanto a noi. Ci rivolgono un paio di parole con il chiaro intento di attirare l’attenzione della ragazza. Inizialmente lei non sembra molto interessata, mi dà perfino l'impressione di essere un po' seccata. Gli australiani dicono qualcosa all’inglese, che uno di loro già conosce, quindi la conversazione si fa più confusa quando vengono coinvolte l’altra barista e la ragazza che parlava con noi. Da quel momento lei verrà gradualmente assorbita nel loro circolo, uscendo di conseguenza dal nostro. Peccato, aveva un bel sorriso.
Noi beviamo e chiacchieriamo, ma al contempo continuiamo distrattamente ad ascoltare la conversazione del gruppo che si è formato accanto a noi.
Ad un certo punto ho l’impressione che gli australiani ci stiano sfacciatamente “provando”, e mi sorprendo a notare che lei non li ignora più. Sorride ad alcuni dei loro commenti, li ascolta attentamente e a tratti sembra persino attendere un po' ansiosamente il loro prossimo intervento. Come se sperasse che da un momento all'altro la conversazione prenda un altro corso. Per lei più interessante.
Dopo un po’, mentre i miei pensieri svolazzano su chissà quale fantasia, mi ritrovo a fissare l’attenzione su una parola pronunciata da uno degli australiani. Guardo C con gli occhi sbarrati e la mia sorpresa si specchia sul suo volto. Non possiamo esserci sbagliati entrambi: la parola che abbiamo sentito è condom: preservativo.
Tendiamo le orecchie e nei minuti seguenti i nostri sospetti vengono confermati. Si tratta di una contrattazione per un rapporto sessuale. Siamo sbigottiti. In questi anni in Asia mi è capitato centinaia di volte di assistere ad incontri tra prostitute e clienti, anche qui in Laos, nella capitale. Questo genere di cose non mi turba affatto. A stare da queste parti mi è venuta presto la corazza dura e per sorprendermi proprio ce ne vuole. Eppure qui a Vang Vieng, in questo locale, da questa ragazza, non me l’aspettavo. Ormai non ci sono più dubbi, ma noi facciamo ancora fatica a crederci e ascoltiamo attentamente la loro conversazione.
L’inglese interviene per agevolare la transazione e cinque minuti più tardi consegna alla ragazza la chiave di un bungalow, assieme alla bustina di un Durex.
La ragazza si è accorta che noi stiamo osservando la scena. Ci guarda, arrossisce, sorride imbarazzata e abbassa lo sguardo. Quindi si alza e sperando di non farsi notare fa un giro molto largo nel cortile prima di entrare nel bungalow. Un paio di minuti più tardi viene raggiunta dall’australiano che, non essendosi accorto dell’imbarazzo della ragazza, bussa energicamente e cerca di spalancare la porta. Lei invece lo fa entrare aprendo di quel tanto che basta a farlo passare. Scorgo nuovamente il suo viso prima che scompaia. Indossa ancora quel sorriso imbarazzato e lo sguardo colpevole. Ci sbircia di sfuggita e chiude in fretta la porta.
Una ventina di minuti più tardi l’australiano ritorna al bar, gonfiando il petto e lasciandosi andare a qualche commento infantile: sembra un ragazzino delle medie che ha appena strappato un bacio alla più bella della classe.
La ragazza si trattiene nel bungalow per un po’. Dopo essere uscita non alzerà più la testa fino a quando ce ne saremo andati. E dietro la tendina di capelli che le nasconde il viso è ancora possibile scorgere quel suo sorriso di vergogna.
Forse non è una professionista. Ma una principiante non si sarebbe comportata in maniera così disinvolta durante la trattativa.
Mi chiedo se quella malizia sfacciata le prostitute la acquistino con l’esperienza o se un po’ bisogna avercela nel patrimonio genetico. Questa ragazza si scrollerà mai di dosso il suo imbarazzo? Riuscirà un giorno ad agganciare un cliente senza vergognarsi di fronte a due stranieri che la osservano stupiti?
Chissà se quel sorriso da bambina birichina smetterà mai di spuntare tra i bei ciuffi di capelli dietro i quali si nasconde.
Complimenti, è davvero bello il modo in cui scrivi. Sembra di essere lì ^^
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