Dal ventiquattresimo piano a terra l’ascensore sembra precipitare, piuttosto che scendere. Col cambio repentino di altitudine si sono persino tappate le orecchie.
Da qualche mese questi siluri sostituiscono quelli che, durante le ore di punta, costringevano centinaia di persone ad attendere al piano per vari minuti, prima di poter finalmente andare a pranzare o tornarsene a casa.
Ma il rinnovo del parco ascensori non è stato di certo l’unica opera di rinnovamento effettuata nei dintorni, e nemmeno la più rilevante.
Esco dall’edificio e al posto di un salotto-bar per amanti del sigaro, un’impresa fallimentare durata poco, mi ritrovo davanti un nuovo ristorante indiano. Viro a destra ed ecco lì uno dei punti di riferimento fissi della zona, il palazzo bianco dell’Ascott. No, un attimo. L’Ascott sta dietro queste due enormi costruzioni, probabilmente non ancora inaugurate, che sono spuntate lì dove soltanto quattro anni fa prosperava un altro ristorantino, sostituito da un parcheggio dal ciclo di vita di una zanzara e infine dal Rum Jungle.
Il Rum Jungle, l’hanno chiuso quindi. Saranno contenti quelli che non sopportavano le iperboli vocali di quel dj buffone dall’accento marcato che, dato che il locale era all’aperto, rimbombavano in tutto il quartiere.
Macché. Svolto all’angolo e il Rum Jungle me lo ritrovo qui. Lo hanno semplicemente spostato all’altro lato della strada. Spostato e rinnovato, ovviamente. Piscina per squaletti dalle pinne nere (veri), ampia zona per divanetti, lungo bancone del bar e vasta pista da ballo. Nonché le note gracchiate dal dj buffone che continuano a rimbalzare tra le torri, nuove e nuovissime, ficcate nel circondario come bombe inesplose in un campo di battaglia.
Vediamo. Nel raggio di mezzo chilometro ci sono: alla mia sinistra i due enormi palazzi per le nuove Service residence che nascondono l’Ascott. Un altro grattacielo in costruzione dietro al Rum Jungle. Oltre l’Ascott un paio di nuovi hotel, ovviamente altissimi. Alle mie spalle, appena prima delle Torri Petronas (già datate, avranno almeno dieci anni...), ci sono altri due grandi edifici in costruzione. Poi le appendici al KLCC aperte da poco, hotel di lusso e affini. E così via.
In una smania di edificare, demolire e ricostruire, rinnovare, ridipingere, sostituire, azzardare, chiudere, rilevare, cambiare, in cui questa e altre zone della città faticano a trovare il loro equilibrio, a fissare i loro tratti distintivi.
Come un viso nemmeno tanto vecchio, sottoposto mese dopo mese a lifting, stiramenti, colorazioni, getti di vapore, trattamenti tonificanti, massaggi, applicazioni di cere, creme, lozioni, essenze, esposizione a raggi, immersioni in atmosfere a temperatura e umidità controllate, cambiamenti, restyling e quant’altro. Ma chi lo riconosce quel tizio, quando torna dopo un periodo di assenza?
Passato il Rum Jungle mi aspettano un ventina di metri di calma prima di arrivare all’Aloha, l’ultimo entrato nella lista dei pub a tema esotico, un posto abbastanza nuovo a cui mi sono quasi abituato. Ma quale calma? Tra i due pub l’amministrazione comunale ha fatto costruire una specie di chiringuito adibito a bagno pubblico.
Subito dopo l’Aloha, apparentemente inalterato, è la volta di Modesto, il ristorante italiano. Sempre lì, da anni ormai, a rappresentare la tradizione nostrana che, almeno quella, non cede il passo ad altre mode passeggere. Sì, ma con delle riserve. Anche Modesto ha infatti visto i suoi periodi blu, rosa, rosetta e azzurrino. Quattro anni fa due sale ristorante: una all’aperto con grande schermo per F1 e calcio e una interna con aria condizionata per pranzi d’affari o cene d’atmosfera. Nel sotterraneo invece una discoteca in cui ragazze musulmane arrivavano vestite da scolarette, con dei vestiti da lap dance nascosti negli zainetti. Un salto in bagno e via a dimenarsi su una piattaforma trasparente sospesa sopra al bancone del bar, da dove sfoggiare la biancheria intima firmata che sbircia a tratti da sotto le minigonne.
Più recente invece l’apertura di un’appendice chiamata Uno, un bar con musica dal vivo. Quindi lo spostamento della sala ristorante interna in un ambiente ricavato tra le due strutture. E la sala così evacuata, obsoleta dopo ben due o tre anni di servizio senza alcuna alterazione architettonica, in fase di ristrutturazione per diventare più colorata e solare.
Non ho ancora capito se la catacomba del peccato sia stata chiusa o no. Ma che importa, questo è un posto in cui bisogna perdere in fretta il vizio di catalogare i locali pubblici e le attività commerciali in un personale stradario mentale della città. Le edizioni, le revisioni e le ristampe si rincorrerebbero ad una velocità insostenibile.
Dopo Modesto ecco Maredo, il ristorante di carne argentina che resiste alle rivoluzioni urbanistiche da ben due anni! Fu sistemato in una piccola struttura fatta edificare per ospitare un ristorante di salsicce tedesche, che qualche creativo aveva deciso di piazzare proprio di fianco ad un caffè americano, su un angolo del cortile del Crown Regency, un altro blocco di Service apartment. Palazzo storico quest’ultimo. Praticamente un’istituzione. Credo rischi di essere addirittura più vecchio delle Torri Petronas. Un po’ come il Beach club, il disco-pub ad alta concentrazione di prostitute filippine e turisti stranieri, che con le note festanti di questo sodalizio multiculturale apre in allegria via Jalan P. Ramlee. Questi sono diventati ormai dei reperti storici, sviluppatisi in un’era precedente – la seconda metà degli anni novanta – sulle macerie del vecchio ippodromo. Demolito per far spazio al Golden triangle, il business district di Kuala Lumpur, la punta di diamante della Malesia che cresce. Così come il nuovo aeroporto e il corridoio multimediale, che interseca Putrajaya e Cyberjaya, le nuove cittadelle – amministrativa e tecnologica rispettivamente – dai nomi in bilico tra passato e futuro.
Per un benvenuto a questo quartiere metamorfico si potrebbe parafrasare lo slogan dipinto sui pannelli di legno che coprono i lavori in corso per i nuovi ristoranti del centro commerciale alle torri Petronas: “C’è sempre qualcosa di nuovo a KLCC...”.
Già, c’è sempre qualcosa di nuovo al Golden triangle. Purtroppo non c’è rimasto più nulla di vecchio.
Ma chissà se di ciò se ne rammarica ancora qualcuno.
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