E’ successo l’imprevisto, ciò che non accadeva dal 1969.
I giornali locali titolano: “La peggiore sconfitta del Fronte Nazionale”.
La stampa amica, la demonizzazione dell’avversario e i ragazzini in motorino con le bandiere del partito nulla hanno potuto contro l’insoddisfazione strisciante nei confronti di una classe dirigente che domina la scena politica della Malesia da decenni. Sempre con maggioranze schiaccianti.
Le dichiarazioni a caldo vanno comunque ridimensionate e interpretate alla luce degli standard locali. Il Fronte Nazionale a livello federale non ha perso le elezioni e probabilmente porterà a casa una maggioranza in parlamento superiore al 50%.
Ma di batosta comunque si tratta. Il Fronte Nazionale alle precedenti elezioni si era imposto in tutti gli stati della federazione meno uno, il Kelantan, un’area caratterizzata da una forte presenza di radicali religiosi in cui si era affermato il partito dei fondamentalisti islamici.
In questa tornata gli stati perduti sono invece molti di più e al Fronte Nazionale scotta soprattutto dover lasciare il governo dell’isola di Penang, una delle aree più industrializzate, avanzate e importanti dell’intero paese. Uno stato in cui si è affermato il Partito d’Azione Democratica, un partito cinese che non appartiene al FN.
Per la prima volta dal 1969 il FN dovrà accontentarsi di governare il paese con una maggioranza parlamentare inferiore ai due terzi. E proprio questo dato rende l’idea di cosa sia stata la politica in Malesia negli ultimi decenni. Un dominio totale della coalizione di governo che poteva permettersi di apportare modifiche alla costituzione a proprio piacimento, senza incontrare resistenza alcuna alla camera dei deputati. Ora dovranno “accontentarsi” di una “semplice” maggioranza assoluta.
L’ultima volta che qualcosa di simile era accaduto, alcune fazioni delle diverse etnie (nella fattispecie malay e cinesi) avevano dato luogo a sanguinosi scontri nelle strade della capitale.
Si teme che qualcosa di simile possa accadere di nuovo e il capo della polizia, dopo la comparsa di alcuni SMS fomentatori, ha proibito i festeggiamenti e annunciato tolleranza zero contro chiunque diffonda voci infondate riguardanti focolai di scontri razziali.
Kuala Lumpur sembra tranquilla come sempre. I suoi abitanti sono come ogni domenica anestetizzati dai gas soporiferi dello shopping, delle passeggiate in centro e delle partite di Premier League.
I tempi sono cambiati, i malesiani si sono abituati a sopportarsi in silenzio e a borbottare a denti stretti frasi politically correct. Ma ad uno straniero neutrale e pronto ad ascoltare con discrezione sono sempre pronti a manifestare le proprie frustrazioni. I malay nei confronti di “quei crumiri cinesi, ricchi e sbruffoni, che se non li fermi si prendono tutto il paese”. E i cinesi verso un sistema e una legislazione che li “tratta come cittadini di serie B, garantendo vantaggi e favori alla maggioranza musulmana”.
Le tensioni ci sono, ma sono state sedate molto a lungo. Vedremo nelle prossime ore se l’interesse comune per un prospero e pacifico sviluppo resisterà anche a questo colpo improvviso.
Pubblicato da Peacereporter nella sezione reportage
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