mercoledì 29 aprile 2009

Frasi "vere" - Bangkok, Thailandia

Mario, argentino, cresciuto a Barcellona, viaggia con passaporto italiano. Passa senza difficoltà dall'accento di Baires a uno spagnolo “di qualche posto nel nord”. Ma lo sguardo con cui ti ascolta è tutto porteño, tano porteño, con un sorriso integrale di labbra, denti e occhi appeso a quelle sopracciglia folte e tese.
È ingegnere chimico e sta cercando lavoro, per l'ennesima volta. Andrà a Singapore e passerà al setaccio le agenzie di head-hunting per professionisti nei settori tecnologici. È tranquillo, così come lo sono - quasi sempre - anch'io. Non è vittima del panico generalizzato che ci circonda, né lo capisce. Ma forse siamo soltanto due incoscienti.
Poi, con la bottiglia di Leo del 7/11 che gli sgocciola in mano, la spara: “Ti dirò di più, Fabio. Ho un gruppetto di quattro, cinque amici. Grandi amici, amici veri. Uno di loro ha un buon lavoro: rispetto, salario, promozioni, responsabilità. È contento. Tutti gli altri, il lavoro che hanno, dovrebbero averlo già lasciato”

A proposito ricordo una bella volèe di Viridiano, un altro amico, sempre aggrappato tra un contratto e l'altro pure lui: “...di che preoccuparsi Fabio? Siamo una generazione di precari...”

Carla di ritorno da un viaggio a New York mi scrive un'email. La farcisce con una ciliegina deliziosa: “ecco, in poche parole posso dirti che non mi rappresenta molto come città...io sono più da Siviglia...sono una donna tapas...poco e di tutto...lì di poco c'è troppo...mi hai capita?" Ti ho capita sì. E io invece sono uno che quando visiterà New York non riuscirà a non osservarla col filtro del passato, attraverso gli occhi di Fitzgerald e Henry Roth, di Warhol, Scorsese e F. D. Roosevelt. Uno che vive l'oggi con l'entusiasmo (e l'immaturità) di un bambino, ma un bambino dei tempi di suo nonno.

martedì 14 aprile 2009

Lasciateci in pace: è Songkran! - Bangkok, Thailandia

Le maglie rosse si sono ritirate e i loro capi si sono consegnati alle autorità. Ma la situazione a Bangkok ieri era assurda, per alcuni versi tragicomica. Trascinata da quella della sua capitale, la storia del paese scorreva su due trame completamente diverse. E forse, paradossalmente, questo dimostra sia a chi si azzuffa che a chi osserva e commenta quale sia il vero stato d'animo della popolazione.

È lunedì 13 aprile, primo pomeriggio. Alcuni dei più importanti incroci sono stati chiusi dalle forze dell'ordine e nella zona di Yommarat i dimostranti (o rivoluzionari?) si confrontano ancora con esercito e polizia. Gli abitanti del quartiere osservano dalle finestre il gran dispiego di armi, i blindati dell'esercito, i mezzi pubblici sequestrati dai rossi per bloccare le strade e le cisterne di gas sistemate per formare barricate.

Contemporaneamente, in barba a chi sta facendo a gavettoni nelle isole del sud o a Chiang Mai rammaricandosi per la sorte dei Bangkokians, costretti a celebrare il Songkran barricati in casa, gli abitanti della capitale hanno infranto le regole dello stato di emergenza e sono accorsi a migliaia verso l'area di Silom Road, nel pieno cuore del centro, dando luogo ad una delle feste più folli che si siano viste negli ultimi anni.

lunedì 13 aprile 2009

Songkran con sassi e lacrimogeni - Bangkok, Thailandia

Nella notte le maglie rosse avevano ancora in mano alcuni punti nevralgici del centro e della periferia.

Dopo aver contenuto la situazione per più di mezza giornata, qualche ora prima dell'alba la polizia e l'esercito hanno dato il via all'offensiva. La battaglia più violenta ha avuto luogo all'incrocio di Din Daeng, non lontano dallo snodo del Monumento alla Vittoria. Le forze dell'ordine hanno usato gas lacrimogeni e hanno sparato in ara. Ci sono stati dei feriti da ambo le parti.

I rossi accusano gli agenti e i soldati di aver utilizzato armi da fuoco contro i manifestanti ma il governo ha negato categoricamente. Dagli ospedali non sono giunte notizie relative a decessi.

È pomeriggio ed io esco a vedere che succede, anche se Olivier, un amico francese, mi ha appena fatto sapere che l'accesso alle zone calde è sbarrato, i tassisti si rifiutano di varcare alcuni limiti probabilmente resi noti dalle autorità e molti servizi di trasporto pubblico sono stati sospesi, così come quasi tutti gli eventi organizzati in occasione del Songkran.

Nel resto del paese si fa a gavettoni, qui a Bangkok volano sassi e i proiettili dei lacrimogeni.

domenica 12 aprile 2009

Gavettoni e blindati - Bangkok, Thailandia

La Thailandia è un paese spaccato per colori. Da una parte le maglie gialle che tra novembre e dicembre occuparono gli aeroporti e con l'aiuto di una sentenza della Corte Suprema costrinsero alla resa il governo degli “amici” di Thaksin. Dall'altra le maglie rosse che a Pattaya hanno fatto saltare il Summit dell'ASEAN. E poi le maglie blu, che senza l'appoggio (ufficiale) del governo hanno cercato nel fine settimana di opporsi alle azioni dei rossi. Qualcuno ha parlato addirittura di maglie verdi, sebbene chi siano, che cosa facciano e da quale parte stiano non è ben chiaro, così come se siano effettivamente scese in campo.

Le divise verdi e marroni dell'esercito hanno invece fatto il loro ingresso con i mezzi blindati nelle strade del centro della capitale, proprio quando la città si preparava per il gran finale del Songkran, il capodanno thailandese, con eventi, iniziative commerciali e la classica guerra dell'acqua, la gavettonata generale con cui i siamesi si augurano buon anno.