“Certo che questa spiaggia è proprio bella.” Ha ragione Lorenzo, che con mosse da civetta scandaglia la baia da nord a sud. È quasi il tramonto a Patong. È come se una polvere d'oro si fosse adagiata sulle foglie delle piante tropicali che gonfiano la superficie delle colline alle estremità di questo arco immenso. Polvere che si impiglia tra le nuvole che anche oggi ci hanno risparmiato, sulle bolle di schiuma delle onde su cui saltellano come insetti ciccioni le moto d'acqua e tra i cavi del para-sail a cui stanno appesi i goffi turisti arabi e indiani.
A nord però, la fitta vegetazione del pendio più lontano è interrotta non solo dal groviglio tipicamente asiatico dei cavi dell'alta tensione, ma anche da un'enorme chiazza bianca: è il cemento di uno dei complessi residenziali che stanno invadendo l'area costiera compresa tra Patong e Kamala beach.
La mattina successiva noleggiamo un motorino e facciamo la barba al profilo occidentale dell'isola, dall'alto verso il basso. Dopo un bagno a Nai Han, che per me significherà per sempre “tsunami”, viriamo a est e tagliamo verso Phuket Town, dove tiriamo sera tra quartieri di respiro coloniale, frullati di mango e massaggi rilassanti con oli aromatici.
Qui non troverete le pagine di un diario di viaggio, né elogi a luoghi fantastici o cronache di memorabili incontri. Questa è una raccolta di storie, pensieri, immagini. Ma soprattutto di stranezze, che per altri magari sono normalità. Perché per osservarle, queste bizzarrie, sono necessari filtri speciali: stramberia, cinismo, pignoleria, testardaggine, isolamento, impudenza, curiosaggine, nerdismo. Difetti che modestamente, in varia misura, questo individuo seminomade possiede un po' tutti.