(Primavera 2003)
La spiaggia di Sihanoukville è un posto tranquillo. Ci sono pochi stranieri e qualche bambino del posto.
Un ragazzino mi si avvicina, sorride e si siede. A differenza dei bambini che affollano Angkor non chiede l'elemosina e non ha nulla da vendere: forse vuole soltanto praticare l'inglese.
Con un saluto e due domande provo ad innescarlo, ma lui non mi risponde e mi fissa sorridendo. Noto di sfuggita che siede vicino alla mia borsa. Sono tentato di far finta di cercare qualcosa per afferrarla e sistemarla lontano da lui. Mi trattengo e per un attimo riesco pure a disprezzarmi per il mio solito istinto diffidente e sospettoso, europeo, forse italiano o addirittura veneto.
Il ragazzino non ha risposto ad alcuna mia apertura, ha soltanto sorriso, poi si è alzato e se n'è andato. Quando è ormai lontano infilo una mano nella borsa. Tocco il libro, il berretto e un paio di stracci, ma non trovo il portafogli e comincio ad agitarmi. La svuoto sul sarong che uso come telo mare. Rovisto tra i miei oggetti ma poco dopo mi rassegno: quello scugnizzo khmer, tra sorrisi e timidezza, è riuscito a fregarmi senza dire una parola! Ora provo disprezzo per la mia ingenuità, europea, forse italiana o addirittura veneta.
Avevo solo pochi riel e qualche dollaro americano. In una tasca però c'erano le mie carte di credito. So che il ragazzino non sarà in grado di utilizzarle, così come i cambogiani a cui pensasse di venderle. Ma non avendo valuta straniera o traveller's cheque, non ho altri modi per procurarmi il contante.
Salgo su un moto-taxi alla ricerca del ragazzino, ma dopo una mezzora sono costretto ad arrendermi. Mi faccio accompagnare alla stazione della polizia dove racconto a un agente ciò che mi è successo. Spiego che le carte possono essere bloccate, ma ci vorrà del tempo per ottenerne delle nuove. L'agente mi consiglia di attendere fino a domani, se poi il portafogli non si trova potrò fare come credo. Prima di andarmene gli faccio capire che con il denaro rubato possono fare ciò che vogliono, a me interessa soltanto riavere le mie carte.
La mattina seguente mi reco alla stazione. Ci sono più poliziotti rispetto al giorno precedente e stanno tutti schierati dietro una scrivania. Mi sembra di essere tornato indietro di quindici anni, al giorno degli orali di maturità: io da questa parte e la commissione dall'altra. L'agente con cui ho parlato mi presenta i suoi colleghi, compresi degli ufficiali e il capo della polizia locale. Sembra che non si tratti di un banale furtarello ma del sequestro di un magnate con conoscenze altolocate. Mi fa sapere che l'ostaggio è stato liberato: il mio portafogli è stato ritrovato. Elenca tutto ciò che c'era all'interno e quel che dice in seguito nemmeno lo sento.
Sembra che gli piaccia praticare l'inglese e ho l'impressione che la conversazione non debba finire mai. Sfrutto una pausa nel suo monologo infinito e chiedo con tatto se posso vedere il portafogli. L'agente cambia tono, diventa formale e mi spiega è stata messa in atto una grossa operazione, che sono stati dispiegati numerosi uomini e mezzi, attuati posti di blocco e inseguimenti a sirene spiegate. Farcisce la sua parte con una chicca finale: con un'espressione molto seria dipinta sul volto ammette che hanno dovuto usare grandi quantità di...carburante! Dev'essere umiliante dover dire certe cose e tuttavia questo uomo non perde la sua dignità. Poi però rifletto sull'operazione che ha descritto e mi immagino un inseguimento di quelli alla Blues Brothers, con centinaia di gazzelle che rincorrono un marmocchio.
Qualsiasi risposta a tono creerebbe un clima grottesco. Lascio perdere e chiedo quanto vogliono per consegnarmi le mie cose.
“Cento dollari americani!” rispondono quasi in coro.
So che dovrei mantenere un certo contegno ma proprio non ce la faccio e gli scoppio a ridere in faccia. La mia risata sincera li contagia in un istante e dopo pochi secondi stiamo tutti ridendo. Ci metto solo un attimo per riportarli alla serietà: mi basta rilanciare con un'offerta di dieci dollari. Hanno le facce di qualcuno a cui è crollato il mondo addosso, mi ripetono la storia dell'operazione complessa e quel tragicomico accenno alla quantità di carburante.
Chiudo la negoziazione offrendo loro venti dollari e ribadendo che non pretendo la restituzione del contante. Un luminoso sorriso riappare sui loro volti e il mio portafogli si materializza sulla scrivania davanti a me. Do una controllata: le mie carte ci sono. Intasco il borsellino, consegno i venti dollari, li ringrazio per l'inseguimento e me ne torno in albergo.
Ho finanziato un'intera operazione di polizia e ho raccolto un'altra storia da raccontare e ricordare. Il tutto mi è costato poco più di venti dollari: in fin dei conti si può dire che è stato un buon affare.
Photo Mototaxi a Sihanoukville by Albeiror24 (CC), from wilipedia.org
Qui non troverete le pagine di un diario di viaggio, né elogi a luoghi fantastici o cronache di memorabili incontri. Questa è una raccolta di storie, pensieri, immagini. Ma soprattutto di stranezze, che per altri magari sono normalità. Perché per osservarle, queste bizzarrie, sono necessari filtri speciali: stramberia, cinismo, pignoleria, testardaggine, isolamento, impudenza, curiosaggine, nerdismo. Difetti che modestamente, in varia misura, questo individuo seminomade possiede un po' tutti.
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3 commenti:
ricordo con grande gioia e grande voglia di tornarci la cambogia e i cambogiani,ma non ho dei gran ricordi di sihanoukville dove ho visto un povero ragazzo francese riempito di botte per fregargli pochi dollari e tanti ragazzi offrirsi ai turisti(naturalmento lo schifo va totalmente ai turisti).il tuo articolo mi è piaciuto perchè per un attimo mi sembrava di esere seduto al mare con un amico che mi racconta l'ennesima storia tragicomica che riguarda i poliziotti cambogiani.non conoscevo il tuo blog,ma spero di ritrovarci altri articoli su questo paese che a me(tanto per essere patetici)mi ha rubato il cuore.BUON VIAGGIO
Ciao Alan, e grazie del commento.
Quel che racconti è vero. Sihanoukville non è purtroppo l'unico posto in cui succedono cose del genere. Ma credo che in fin dei conti il sud-est asiatico continui ad essere meno degradato di altre regioni.
Ci sono molti altri racconti nel blog. Se li leggi mi fa piacere.
Ciao,
Fabio
ciao Fabio,non mancherò di leggere il resto dei tuoi racconti.Per quanto riguarda il sud-est asiatico non possò che convenire con te.Sono posti stupendi e quel che è più importante si è a contatto con persone che spesso rimangono per sempre nei tuoi ricordi sottoforma di un bel sorriso che magari ti regala qualche attimo di futura gioia.Ora andrò alla ricerca di qualche tuo racconto sperando di trovare qualcosa sulla Birmania,paese che ho intravisto solo per una mezza giornata giusto il tempo di rinnovare il visa thai e che mi attira molto per tante ragioni.garzie e ciao
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