Cambia posizione per la centesima volta. La testa sprofonda di nuovo nel cuscino ma un occhio fissa sempre quella chitarra nell'angolo. Ha letto, ha scritto, ha navigato e suonato. Un triathlon tra pagine, schermate e accordi. Poi ha messo via tutto: si è lavato i denti, ha fatto le flessioni e si è infilato a letto. Con le guance tese ha letto l'ultimo capitolo, poi pensando che fosse tutta colpa degli ormoni ha preso le salviette e ha fatto un altro esercizio. Ma è ancora lì, con gli occhi strabuzzati, solo una parte del suo corpo si è finalmente addormentata.
La chitarra lo chiama e lui non risponde, ma è come cercare di dormire in un'acciaieria. Poggia il libro e afferra lo strumento. Accende il portatile e trova gli esercizi, prova due o tre accordi ma senza suonarli. Poi guarda l'orologio: ormai è mattina, l'obbligo del silenzio non vige più. La chiamano insonnia, ma lui è solo sfasato: quando gli altri sgambettano si addormenterà. E mentre i pensieri si scontrano tra i lobi trova il primo accordo di How do you sleep di John Lennon.
(Immagine "L'Insonnia, Tacuinum sanitatis casanatensis", XIV secolo, da wikipedia.org)
(Immagine "L'Insonnia, Tacuinum sanitatis casanatensis", XIV secolo, da wikipedia.org)
Per sfruttare l'insonnia biasogna essersi costruit la rara fortuna di avere il completo controllo sui tempi e sui ritmi del giorno successivo. Ultimamente, di notte, quando non dormo scrivo codice PERL.
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