lunedì 15 febbraio 2010

Quel dito puntato - Vientiane, Laos

Un mezzo spigoloso si ferma sul ciglio della strada. È un motorino modificato, con delle ruote aggiunte. Il ragazzo che lo guida, magro e con la pelle scura, scende e comincia a muoversi come un neonato, a gattoni. Si aggira tra i tavolini di un caffè all'aperto, si ferma dai clienti, aspetta un'elemosina. La gente non ci fa caso e continua a chiacchierare. Un turista lo nota, mette una mano in tasca, estrae una banconota e poi gliela porge. Il mendicante non l'afferra e fa un gesto brusco. Il turista attende un po' e poi rimette via i soldi. Il laotiano sbuffa e fa per tornare in strada, poi si ferma, si volta e comincia ad urlare. Sono insulti in inglese, parole volgari. La gente ammutolisce, i camerieri osservano. Il turista è pietrificato, subisce gli improperi, inchiodato al suo imbarazzo da quel dito puntato. La situazione è delicata, le circostanze particolari, ogni reazione che vaglia è un'arma a doppio taglio. Si volta sperando che finisca tutto al più presto.
Certo, la banconota era di piccolo taglio, ma anche l'unica che era stata offerta. Perché quella scenata? Ci sono varie ipotesi. Persone così hanno problemi complessi, sprofondano nell'abisso di droghe sintetiche e alcol. C'è anche un'altra possibilità, più generale, comunque triste. Vientiane non è più una destinazione remota. Auto costose, gadget moderni, vestiti alla moda, tendenze on the edge. Dall'altra parte del fiume brillano le luci thailandesi. Organizzazioni e turismo portano denaro e globalizzazione. Crescono reddito e scolarizzazione, ma anche confusione, vizio e arroganza
Un mendicante di città non è il montagnard del villaggio: può rifiutare un'elemosina, girarsi stizzito, puntarti un dito in faccia e insultarti in inglese.

Foto di un mendicante a Bangkok, di Fabio

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