A volte, oltre ai sigilli, anche la sfortuna e il fato si abbattono sulle pagine di un banale passaporto. Faccio notare che questa è soltanto la seconda volta, le visite precedenti risalgono a più di un anno fa. Per coincidenza i visti stanno su pagine adiacenti.
Controlla le date, si rilassa, ma non troppo. "Non importa lo potrà comunque spiegare al mio superiore." Vengo accompagnato in una stanza, niente finestre, luci al neon. È piena di immigrati, la maggior parte sta in piedi. È un mappamondo di volti, un ronzio di lingue: indiani, pachistani, cingalesi, indonesiani, filippini, cambogiani, thailandesi e birmani.
Sono l'unico occidentale, l'ufficiale mi chiama e nel giro di un minuto sono già un gradito ospite. I miei compagni di cella continuano ad aspettare, dovranno aspettare ancora, aspettano da sempre. Hanno gli occhi gonfi e le guance tese, ma qualcuno mi osserva e mi lancia un sorriso. Io al loro posto sarei crepato d'invidia.
Mi avvio verso la sopraelevata, diretto a Singapore, questo gran centro commerciale travestito da stato e mentre la mente scorre sui pensieri a scivolo, ho già scordato quel tipo di potere ineffabile conferito a un nessuno...se ha il passaporto giusto.Confine tra Malesia e Singapore, dicembre 2003
Foto "Frontiera tra Thailandia e Laos", di Fabio
2 commenti:
L'hai detto! Ogni tanto ci sbattono proprio in faccia quanto siamo privilegiati...
Verissimo! E pensare che come occidentali siamo pure di serie B! C'è chi è persino più privilegiato di noi. Pensa agli anglofoni...arrivano, trovano il posto interessante e nel giro di una settimana hanno già un lavoro e un permesso di soggiorno!
Posta un commento