Il treno per Hsipaw |
Mentre usciamo per cena ci fermiamo alla reception, chiediamo alle addette di far sapere ai tassisti che abbiamo deciso di non partire a quell'ora e, senza svegliarci, dare comunque loro la somma pattuita. Consegnamo le banconote e usciamo. Al ritorno ci restituiscono la chiave della stanza, assieme a qualcos'altro. All'inizio non riconosco l'oggetto, mi sembra quasi un'altra chiave e sono un po' confuso. Poi mi accorgo che si tratta di soldi. Gli stessi che avevamo lasciato per i tassisti! "Never mind..." ci fanno sapere. Non importa. Hanno chiamato i tassisti e questi devono aver apprezzato il fatto che li abbiamo informati in anticipo, risparmiando loro la levataccia. E hanno fatto sapere che non ci avrebbero fatto pagare la corsa. Loro, due poveretti disposti a venire a prendere due ricchi stranieri (non è vero, non siamo ricchi, ma dal loro punto di vista sì) nel cuore della notte e ad accompagnarli in stazione per quattro spicci, avrebbero potuto intascare il denaro, che stava lì ad aspettarli, rispettando semplicemente un accordo già preso. Persino nel benestante occidente ho incontrato molta gente che lo farebbe. "Incredibile!" continua a ripetere I. "E' l'unico paese che ho visitato in cui può succedere una cosa simile…" E forse ha ragione.
La scenetta è arrivata a proposito, proprio quando avremmo potuto cominciare ad avere la tentazione di farci strane idee sui tassisti locali. Ma funziona quasi sempre così. Sia chiaro, certi tassisti birmani restano degli stronzi di cui il paese dovrebbe sbarazzarsi, soprattutto quelli appartenenti alle cricche mafiose delle stazioni e degli aeroporti. L'aneddoto dimostra solo che, ovviamente, non sono tutti così.
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